Nonostante i dubbi che hanno
persistito per decenni nella causa di beatificazione di Mons. Oscar Romero,
soprattutto sulle motivazione del suo assassinio— se questi
erano ragione politiche o anti-religiose—il suo martirio è stato approvato ll'unanimità
da un congresso di teologi e una commissione di cardinali e vescovi del
Vaticano. Per convincere le autorità romane che Romero era un martire, il
postulatore, Monsignor Vincenzo Paglia e il suo collaboratore, il professor
Roberto Morozzo della Rocca, hanno presentato prove indirette che i qualsiasi
fattori politiche nella decisione per uccidere Romero sono stati impregnati da
una profonda antipatia verso la fede e la Chiesa.
Gli argomenti e i documenti
giustificativi che supportano il martirio di Romero sono stati presentati alle
autorità competenti in un volume enorme, che numeri superiori a 1.100 pagine,
chiamato «Positio Super Martyrio».
Secondo gli standard stabiliti da San Giovanni Paolo II, un «Positio» combina metodi dalla teologia,
le scienze e diritto canonico per rivelare la santità del candidato e mostrare
la sua rilevanza in un dato momento storico. Kenneth Woodward, La fabbrica
dei santi (1996), p. 227 (edizione inglese). I fatti della sua vita,
meticolosamente raccolti, verificati scientificamente e interpretato
teologicamente, devono evidenziare le impronte, personali e spirituali, del preteso
Santo. Op. cit.
La «Positio» di Mons. Romero è stato compilato dal Prof. Roberto
Morozzo della Rocca, storico italiano e autore di Primero Dios: vita di Oscar Romero (Mondadori, 2005), Óscar Romero: Un obispo entre guerra fría y revolución (Editorial San Pablo, 2013)
e numerosi altri libri analizzando recenti conflitti in paesi diversi africani
ed europei. A seguito della positiva conclusione del processo di beatificazione, la «Positio» (foto) sarà conservata negli archivi vaticani. La «Positio» comprende una
biografia dell'arcivescovo di più di 400 pagine; un'analisi delle loro virtù
cristiane e del suo martirio; testimonianze completa da 34 testimoni le cui
dichiarazioni sono state raccolte durante il processo diocesano; circa 250 pagine
di documenti importanti, tra cui omelie, lettere pastorali e qualche importante
corrispondenza ecclesiastica; come alcune relazioni di esperti sul contesto
storico in cui visse Romero.
Certamente il punto trascendentale
della «Positio» di Mons. Romero è il
tema del martirio: se Romero fu ucciso dall'odio della fede cattolica e per
altri motivi, come strategia politica o militare. A questo proposito, il Papa Benedetto
XVI ha
ribadito in 2006, che è “necessario
che affiori direttamente o
indirettamente, pur sempre in modo moralmente certo, l’"odium
Fidei" del persecutore. Se difetta questo elemento”, ha detto il Pontefice,
“non si avrà un vero martirio secondo la
perenne dottrina teologica e giuridica della Chiesa” (il corsivo è mio). La
postulazione di Romero ha scelto di verificare il “odium fidei”, “indirettamente”.
La «Positio» prende come input diversi
rapporti, tra cui è quello delle Nazioni
Unite nel 1993, che conclude che Roberto d'Aubuisson è stato l'ideatore
dell'omicidio, per stabilire basato su prove indiziarie (studi storici e
sociali) che chi ha ucciso Romero, ha odiato la fede.
Per stabilire «odium fidie», la «Positio» espone tre punti: (1) ci fu
persecuzione in El Salvador; (2) la sua violenza è stata orientata verso i
membri della Chiesa; (3) la stessa persecuzione ha colpito Mons. Romero. «Positio», capitolo xx. La persecuzione e
la violenza che permeava la società salvadoregna è contenuta in la parte
forense della «Positio», così come le
testimonianze dei testimoni. L'analisi comincia a prendere rigore in termini del
dibattito circa se questa violenza che innegabilmente colpito la Chiesa aveva
nel mirino la Chiesa in particolare e non era solamente danni collaterali di
tanta violenza. Due dei testimoni intervistati, notato per suo vista
filogovernativi, hanno negato la persecuzione della Chiesa. Tuttavia, le
testimonianze presenta una figura opprimente di persecuzione costante che ha
colpito il clero, i catechisti e i laici con un frenetico inseguimento durante
gli anni settanta. Senza dubbio il più combattuto dibattito e l’analisi più
esaustiva del «Positio» è sulla
persona di Mons. Romero.
Tra le lettere di Mons. Romero nella
«Positio» è una, diretta alla Congregazione
per i vescovi nel maggio 1978, spiegando la loro azione pastorale. In essa, Mons.
Romero scrive: “quanto difficile è voler
essere totalmente fedele a ciò che la Chiesa proclama nel suo magistero, e
quanto facile, d'altra parte, dimenticare o mettere da parte alcuni aspetti. Il
primo comporta molta sofferenza; il secondo porta molta sicurezza, tranquillità
e assenza di problemi. Uno suscita le accuse e disprezzo; questo ultimo, lodi e
aspettative umane molto promettenti”.La Chiesa aveva tradito coloro che l’avevano mantenuta e incrementata. Da qui l’odio dell’oligarchia per clero e fedeli che mostravano sensibilità sociale e chiedevano un Paese più giusto. La crescita di una guerriglia castrista, con le sue pratiche violente, veniva pure imputata alla Chiesa per l’origine cattolica di molti guerriglieri, quando in realtà tutti in Salvador, allora, erano cattolici per origine e tradizione culturale.
E Mons. Paglia:
Come altri sacerdoti, nell’America latina di quegli anni, è stato vittima di un sistema oligarchico formato da persone che si professavano cattoliche e che vedevano in lui un nemico dell’ordine sociale occidentale e di quella che già Pio XI, nella Quadragesimo anno, chiama “dittatura economica”.
I Postulatori della causa di
beatificazione di Mons. Romero hanno sollevato che il vescovo martire ha scelto
di essere “totalmente fedele a ciò che la
Chiesa proclama nel suo magistero”, e quella fedeltà specificamente
provocato loro persecutori di assassinarlo. In tal modo, hanno messo in
evidenza il suo odio della fede Cristiana.
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